TRASFORMARE 209 MILIARDI IN SPERANZA

Non ci giro intorno: la natalità deve essere il comune denominatore di questo Next generation Eu che, lo abbiamo letto sui giornali, il Governo avrà sei settimane per riscrivere.
Perché è la nuova questione sociale.
-Gli investimenti sulla tecnologia, se non nasceranno più bambini, verranno sottoutilizzati venendo a mancare la generazione che dovrebbe utilizzarli al meglio.
-Le giuste risorse di cui necessita il sistema sanitario nazionale, se non nasceranno più bambini, andranno sprecate perché mancheranno quei lavoratori che con le loro tasse lo renderanno sostenibile e, quindi, gratuito come lo è attualmente.
-La costruzione e l’apertura degli asili nido (soprattutto al sud), se non nasceranno più bambini, sarà come costruire mini cattedrali nel deserto che non potranno essere utilizzate perché manca la materia prima.
-Le ristrutturazioni immobiliari per «efficienza energetica e riqualificazione», se non nascono più bambini, saranno spese che non porteranno il valore aggiunto sperato visto che gli immobili – quegli stessi immobili per cui molti di noi stanno pagando un mutuocasa tanti anni – perderanno di valore.
Volete che continuo?
Vale per tutto. Vale per le pensioni, per il welfare. Vale per lo sport. Vale per i consumi. Vale per le imprese. Vale per la sopravvivenza turistica di alcuni comuni. Vale per ogni singola cosa declinata al futuro.
Perché se non riparte la fiducia nella vita, se abbiamo un saldo annuale tra i nuovi nati (400 mila) e i morti (600 mila) pari a circa -200 mila anime vuol dire che non abbiamo più fiducia nel domani. Che non ci crediamo più. Che nel nostro Paese c’è un virus peggiore del Covid che si chiama rassegnazione.
Il vero obiettivo del nuovo governo è trasformare quei 209 miliardi di euro in speranza e fiducia. E la cartina di tornasole più immediata di una simile operazione non è il Pil, ma la ripartenza delle nascite. Se ripartono quelle torna a crescere anche il Pil.
E torna a germogliare al speranza.

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