ADESSO NON CI SONO SCUSE

A ma piace quando il mio Paese riesce a giocare di squadra. Quando i club accettano che i loro giocatori vadano in nazionale. Quando le tifoserie per un periodo fanno quadrato per tifare tutti insieme per la maglia azzurra.
Questa cosa mi piaceva dai tempi di Holly e Benji, quando vedevo Marc Lenders e Oliver Hutton con la stessa maglia nonostante la rivalità.
Provare a vincere insieme nonostante le grandi differenze.
E come per la nazionale ognuno di noi, al posto del Commissario Tecnico Mario Draghi avrebbe convocato Tizio o Caio e non avrebbe mai chiamato Sempronio.
Ci sta. Fa parte del gioco e della dialettica.
Le squadre vincenti nascono spesso da spogliatoi complicati. Fu così anche nel 1982, quando eravamo dati per spacciati, o nel 2006 quando infuriava calciopoli.
La cosa bella, adesso, è che possiamo provare a giocarcela con tutti. Perché abbiamo parecchi miliardi da investire per un futuro migliore, il campionato dei campionati.
Adesso non ci sono scuse. Vogliamo il sudore, l’impegno, gli occhi della tigre fino fischio finale e la maglietta sudata.
Adesso si, non ci sono scuse!

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